martedì 5 giugno 2007

Dallo spettacolo alla scienza.

Fin dall'antichità gli studiosi e indagatori della natura si erano adoperati per studiare i più profondi segreti del corpo umano, scontrandosi con la difficile reperibilità dei cadaveri e con una mentalità ostile, tanto che Ippocrate consigliava di andare in Egitto, unico luogo dove poter osservare uno scheletro ben conservato o la sezione dei corpi. Per molti secoli dunque si cercarono metodi di conservazione del corpo, ricerche che furono alla base della nascita dei musei anatomici che cominciarono a diffondersi nel Seicento. Le finalità di conservazione erano però ancora legate più alla volontà di stupire che alle necessità di ricerca, tuttavia fu questo il periodo aureo dell'Anatomia. Si perfezionarono i metodi per la conservazione e furono introdotte due importanti novità: l'immersione del pezzo anatomico in liquidi conservanti e il raffinamento delle tecniche di iniezione, con l'inoculazione nelle vene e nelle arterie di liquidi come la cera colorata, il sego o il grasso animale. In particolare, l'iniezione a cera liquida fu perfezionata da Frederik Ruysch, la cui esposizione è nota sia per la consistenza e raffinatezza delle tecniche, sia per la cura nell'esposizione, che riflette il gusto della vanitas, diffuso nelle nature morte olandesi dell'epoca. Un esempio di ciò sono le composizioni anatomiche sotto forma di "monti delle vanità" composte apparentemente da vegetali e minerali affiancati da scheletri di feti, dove in realtà gli elementi naturali altro non sono che calcoli e alberi arteriosi iniettati.Questa tecnica di esposizione, che voleva rendere più gradevoli e eleganti soggetti di per sé macabri, la ritroviamo anche in alcuni feti preparati da Scarpa e conservati all'interno del Museo per la storia dell'Università.

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